L’origine del termine “Aromaterapia” risale al periodo rinascimentale e deriva dallo sviluppo delle tecniche di distillazione nel quadro di riferimento dell’Alchimia. Gli alchimisti, fin dai tempi antichi, avevano sviluppato il concetto che i quattro elementi della teoria galenica-umorale contenessero in sé un quinto elemento, la quinta essentia, o coscienza, pensiero, amore, etere universale, che sola poteva spiegare le varie propensioni degli elementi. La distillazione, essendo un processo con il quale “si purifica il grossolano dal sottile” o si separano le sostanze non volatili da quelle volatili, doveva servire ad evidenziare la quint’essenza in ogni manifestazione terrestre, a rendere il corruttibile incorruttibile o, in linguaggio traslato, ad “estrarre il significato essenziale di qualcosa”. Un altro modo di parlare del fuoco della scepsi, che bruciando l’inessenziale rivela l’essenziale. Ecco allora spiegato il termine “essenziale” nel caso delle piante aromatiche.
Ma dobbiamo ancora puntualizzare una cosa molto interessante. Questo termine e la pratica della distillazione delle piante aromatiche in epoca rinascimentale o più tarda, non erano riferiti all’olio essenziale, bensì all’acqua aromatica. Infatti, Boerhaave nel 1728 descrive gli oli essenziali come formati da due principi: Mater, “un principio resinoso, insolubile in acqua […]” e Spiritus Rector, “un principio molto sottile, difficilmente percepibile, forse ‘eterico’[…]. Questo principio – continua Boerhaave – comunica le proprietà olfattive e aromatiche tipiche di ogni pianta al suo idrolato. È un principio idrosolubile che comunica la fragranza, il sapore e le proprietà alle acque distillate.
Come si comprende, l’autore identifica qui la vera quint’essenza con le molecole aromatiche disciolte nell’acqua, e non con il principio “resinoso” che probabilmente identifica ciò che noi chiamiamo olio essenziale. E fu solo con l’epoca moderna che l’olio essenziale assurse alla notorietà che conosciamo così bene oggi.